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Gli inibitori di checkpoint attaccano il tumore ... ma attenzione ai reni!

Necessaria attenta sorveglianza della funzione renale anche in immunoterapia.

Image by perklex from Pixabay
Image by perklex from Pixabay
L'uso dei farmaci noti come “inibitori del checkpoint immunitario” ha rivoluzionato l'approccio alla terapia nei pazienti con neoplasie aggressive solide ed ematologiche, anche in fase metastatica. Queste nuove immunoterapie hanno sostanzialmente aumentato la sopravvivenza globale per i nostri pazienti con un profilo complessivo di effetti collaterali migliori rispetto alla chemioterapia, tuttavia il meccanismo d'azione sottostante di questi agenti aumenta il rischio di reazioni autoimmunitarie.

Infatti, pur essendo il rischio di nefrotossicità a breve termine molto raro, è importante considerare che alcuni effetti collaterali della terapia potrebbero verificarsi anche a distanza di oltre un anno dalla somministrazione del farmaco. Inoltre poiché un numero sempre maggiore di pazienti accede alle nuove terapie la conseguente nefrotossicità potrebbe riscontrarsi più spesso e, pertanto, l'identificazione precoce dei pazienti a rischio ed il loro tempestivo trattamento diventa fondamentale nella gestione globale di questi importanti farmaci.

Come funzionano?
In sintesi, il nostro sistema immunitario ha dei punti di controllo detti braking system” (Freni), che limitano la nostra risposta immunitaria per evitare una reazione infiammatoria incontrollata o spropositata che in taluni casi, paradossalmente, diventerebbe dannosa.
I tumori riescono a sfuggire all'attacco delle nostre difese manipolando questi “freni”.
L’immunoterapia toglie questi freni e quindi “riattiva” il sistema immunitario per poter attaccare il tumore.

Nel luglio 2014 Nivolumab è stato il primo inibitore di checkpoint immunitario PD-1 al mondo ad ottenere l’approvazione della Commissione Europea per il trattamento in pazienti adulti con carcinoma a cellule renali avanzato in monoterapia; attualmente i farmaci utilizzati in Immuno-Oncologia hanno come target:
  1. l'antigene dei linfociti T citotossici T (CTLA-4): Ipilimumab (Yervoy)
  2. la proteina di morte cellulare programmata (PD-1): Nivolumab (Opdivo) e Pembrolizumab (Keytruda)
  3. o il suo ligando (PD-L1): Avelumab (Bavencio), Durvalumab (Imfinzi) e Atezolizumab (Tecentriq)
Nonostante la loro efficacia contro le neoplasie maligne che prima avevano una prognosi infausta, l'aumento della risposta immunitaria porta ad una crescente esposizione di possibili effetti collaterali di tipo infiammatorio, noti come eventi avversi correlati all'immunità. Queste reazioni possono essere presentarsi subito dopo la somministrazione del farmaco ma anche oltre un anno dopo la somministrazione, rendendo difficile l'identificazione della loro associazione con la immunoterapia effettuata.

I più comuni eventi avversi correlati all'immunità sono dermatiti e mucositi con secchezza delle fauci che di solito si manifestano entro due settimane dall'inizio della terapia, seguite talvolta da coliti che si verificano intorno alle 6 settimane; l'incidenza di insufficienza renale acuta (IRA) è del 9-29% circa (inibitore di CTLA-4: 3-10 settimane dopo l'inizio, inibitori di PD-1: fino a 6-18 mesi dopo l'inizio).
 
Di seguito sono elencati alcuni problemi “nefrologici” a cui prestare attenzione quando si utilizzano gli inibitori del checkpoint immunitario:
  • Iponatriemia: i recettori CTLA4 sono espressi sulla ghiandola pituitaria e l'uso di inibitori CTLA-4 causa insufficienza surrenalica secondaria
  • Nefrite Interstiziale Acuta “atipica”: è la scoperta più comune sulla biopsia renale in questi pazienti.. La terapia  potrebbe "risvegliare" la nostra tolleranza immunitaria a farmaci come gastroprotettori (PPI) o antinfiammatori non steroidei (FANS) aumentando le cellule T auto-reattive non specifiche che si infiltrano nel rene.
  • Podocitopatie (Glomerulonefrite a lesioni minime (MCD) oppure Gloemulosclerosi focale e segmentaria (GSFS)
  • Microagiopatia trombotica
  • Nefrite da lupus indotto da farmaci
  • e rigetto da allotrapianto.
L'immunoterapia è una nuova frontiera nella terapia del cancro con risultati promettenti, gli eventi avversi correlati all'immunità sono difficili da diagnosticare in quanto il loro esordio può essere tardivo o sfumato e, pertanto, è importante identificare prontamente gli eventuali cenni di sofferenza renale nei pazienti oncologici ed impostare un tempestivo trattamento .
 
Visualizza il documento Toxicity of Checkpoint Inhibition in Advanced RCC: A Systematic Review.pdf Collegamnto esterno Arriva il via libera dall'Europa per il Nivolumab in tre diversi tipi di tumore del rene
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