Sconti shock negli USA su farmaci anti-obesità: speranza anche per i reni
TrumpRx dimezza il prezzo di semaglutide e tirzepatide, aprendo nuove prospettive contro il declino renale e le complicanze metaboliche
Va sottolineato che negli Stati Uniti il costo di questi farmaci è sensibilmente più alto rispetto a quello praticato in Italia e forse è questo il motivo dello svenimento che il manager di Novo Nordisk ha avuto nello Studio Ovale all’annuncio del maxi-sconto (il filmato è disponibile online, ndr).
L’iniziativa rientra nel nuovo programma “TrumpRx” che prevede non solo la negoziazione diretta tra governo USA e produttori (Eli Lilly, Novo Nordisk), con ribassi fino al 70%, ma anche altri punti fondamentali tra cui:
- Lancio del portale “TrumpRx” che connette i pazienti con migliori prezzi ("direct-to-consumer")
- Ampliamento della copertura assicurativa: per la prima volta i farmaci per obesità entrano in copertura Medicare per alcune categorie di pazienti che soddisfano criteri specifici (obesità/comorbidità)
- Allineamento ai prezzi pagati in altri paesi sviluppati: obiettivo entro circa 24 mesi (“most-favoured-nation pricing”)
Se confermate e applicate su larga scala, queste riduzioni potrebbero avere effetti che vanno ben oltre i confini statunitensi. In Italia, dove i farmaci della stessa classe - gli agonisti del recettore GLP-1 e i doppi agonisti GIP/GLP-1 - hanno ancora costi elevati e una rimborsabilità limitata ai soli pazienti diabetici, il nuovo corso americano potrebbe infatti innescare un effetto domino.
Il TrumpRx, non ancora operativo (secondo alcune fonti il sito sarà lanciato nel 2026), potrebbe anche rafforzare la posizione negoziale dell’AIFA (l'ente pubblico italiano che ha il compito di regolare i farmaci sul territorio nazionale) nelle trattative con le case produttrici, spingendo verso listini più trasparenti e prezzi più competitivi in Europa.
Nel medio periodo, uno scenario di questo tipo potrebbe ampliare l’accesso ai farmaci antiobesità — oggi in gran parte a carico dei pazienti — e riaccendere il dibattito sulla sostenibilità economica e sull’equità nell’estensione della rimborsabilità, anche per indicazioni nefroprotettive.
Nonostante siano stato implementati e sviluppati come farmaci antidiabetici, la semaglutide e la tirzepatide hanno infatti dimostrato di conferire una protezione dal rischio di eventi cardiovascolari e renali in setting diversi di pazienti, non solo per i pazienti metabolici e iperglicemici.
Numerosi studi hanno infatti dimostrato un effetto protettivo sul rene di questi farmaci, tanto da ridurre nel tempo l’albuminuria (la presenza di proteine nelle urine) e rallentare il declino della funzione renale misurato con l’eGFR, soprattutto nei pazienti con una funzionalità già compromessa. In molti casi, questi effetti si traducono in un ritardo, o talvolta nella prevenzione, della dialisi o del trapianto di rene.
Ma da cosa deriva questa azione nefroprotettiva?
Si possono distinguere due tipi di meccanismi: indiretti e diretti.
Da un lato, gli effetti indiretti sono legati al meccanismo d’azione generale della semaglutide: il miglior controllo della glicemia, la riduzione del peso corporeo, l’abbassamento della pressione arteriosa e la correzione delle alterazioni lipidiche contribuiscono tutti a ridurre lo stress metabolico sui reni.
Dall’altro, esistono effetti diretti che dipendono dal legame ai recettori presenti nel rene, in particolare nelle cellule del tubulo contorto prossimale e nelle cellule muscolari lisce dei vasi sanguigni (arteriole afferenti, arterie interlobulari e arcuate).
Quando la semaglutide si lega a questi recettori, si attiva un messaggero intracellulare chiamato cAMP, che stimola a sua volta la proteinchinasi A (PKA). Questa cascata di segnali è alla base degli effetti protettivi locali, che si esprimono principalmente attraverso tre azioni:
- un effetto natriuretico, che favorisce l’eliminazione del sodio con le urine e aiuta a controllare la pressione arteriosa;
- un effetto antiossidante, che riduce i danni cellulari causati dai radicali liberi;
- un effetto antinfiammatorio, che limita le reazioni infiammatorie a livello renale.
Questa convergenza tra innovazione farmacologica e politiche sanitarie più aggressive sul fronte dei prezzi potrebbe aprire una nuova era della cura metabolico‑renale e cardiologica. Se sapremo coglierla, potremo guardare a un futuro in cui il trattamento dell’obesità, del diabete e della malattia renale cronica non siano più mondi separati, ma parti integrate di un unico percorso terapeutico.
Dottor Emiliano Staffolani, MD, PhD
Specialista in Nefrologia ed Ipertensione Arteriosa
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