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Osteoporosi e insufficienza renale: un tandem... di-rompente!

Il rischio di fratture aumenta sin dalle prime fasi di malattia. I bifosfonati l'arma in più...

Image by fernando zhiminaicela from Pixabay
Image by fernando zhiminaicela from Pixabay
L'osteoporosi è una malattia delle ossa, caratterizzata da una bassa densità minerale e dal deterioramento della micro-architettura del tessuto osseo, con conseguente aumento della fragilità ossea legato prevalentemente all’invecchiamento. Questa situazione predispone ad un aumentato rischio di frattura (in particolare di vertebre, femore, polso, omero, caviglia) per traumi anche minimi.

Ai fattori di rischio generali: 
  • Età, Genere, Etnia,
  • Storia di precedenti fratture
  • Poca attività fisica
  • Fumo di sigaretta, Alcool
  • Diabete, Sarcopenia, Malattie infiammatorie croniche
nel soggetto malato di reni se ne aggiungono purtroppo altri, specifici della nefropatia:
  • Iperparatiroidismo, Bassi livelli di VitD nutrizionale e attiva, Osteodistrofia renale,
  • Infiammazione cronica, Malnutrizione, Acidosi metabolica
  • Ipgonadismo precoce
  • Farmaci (steroidi, chelanti del fosforo, Immunomodulatori,etc
che insieme vanno a definire il quadro della Osteodistrofia Renale ( CKD-MBD: Mineral and Bone Disorder).

Questo disordine inizia nelle prime fasi della Malattia Renale Cronica ed è associato a indebolimento globale della qualità ossea oltre che alle tipiche alterazioni cardiovascolari, caratterizzandosi come un particolare sottotipo di osteoporosi più grave di quella postmenopausale. Infatti i pazienti con malattia renale in dialisi hanno tassi di frattura significativamente più alti rispetto alle coorti di popolazione generale abbinate per età.

I bifosfonati sono una classe di farmaci in grado di inibire il riassorbimento osseo comunemente utilizzata per prevenire le fratture nell'osteoporosi post-menopausale ed in quella indotta da steroidi; il loro uso nell'insufficienza renale rimane però ancora controverso.

Nei soggetti non affetti da malattia renale cronica circa la metà del farmaco assorbito è legata alle ossa e il resto viene eliminato inalterato dal rene ma nelle persone con insufficienza renale l'emivita di queste molecole è significativamante più alta (inversamente proporzionale alla funzione renale residua) con il rischio di un accumulo nei tessuti molli e (forse) una maggior incidenza di effetti indesiderati..

Dopo la pubblicazione nel 2017 delle nuove Kidney Disease Improving Global Outcomes (KDIGO) Guidelines on the management of CKD-MBD si è osservato un aumento delle misurazioni della densità minerale ossea e del conseguente uso off-label dei bifosfonati in questi pazienti. Questa pratica, insieme a studi preclinici e analisi di sottogruppi in cui si annoveravano pazienti nefropatici (stadi I-III), ha fornito importanti spunti sull'uso dei bifosfonati in questa categoria considerata fortemente a rischio.

Tuttavia, la mancanza di dati clinici e di sicurezza nei pazienti con MRC IV e V rappresenta oggi una vera e propria sfida nella pratica clinica.

In conclusione l'identificazione dei pazienti a rischio di fratture e la prevenzione delle fratture è l'obiettivo principale del trattamento dell'osteoporosi, pertanto:
  1. Pazienti MRC I-III senza iperparatiroidismo secondario possono essere tratatti con bifosfonati secondo le linee guida sulla popolazione generale
  2. Pazienti MRC I-III con evidenza di osteodistrofia renale il trattamento con bifosfonati è indicato nei pazienti a maggior rischio di frattura ed osteoporotici (escludendo però la malattia a basso turnover)
  3. Pazienti MRC III-IV bifosfonati hanno effetti benefici sulla resistenza ossea e, quindi, sugli esiti di frattura. Inoltre, l'uso di bifosfonati non è stato associato ad un aumento degli esiti avversi.
  4. Pazienti MRC IV-V (+Dialisi), data la mancanza di terapie antifrattura specifiche e la crescente positiva esperienza aneddotica, i bifosfonati (insieme ad altri agenti per l'osteoporosi) continuano ad essere utilizzati anche in questo stadio. Sono, tuttavia, urgentemente necessari studi clinici per fornire dati sui benefici di sicurezza e antifrattura in questa popolazione specifca.
Allo stato attuale, l'uso di bifosfonati nella malattia renale deve essere ponderato caso per caso, dove l'aumento del rischio di fratture, la morbilità e la mortalità devono essere bilanciati con i potenziali benefici antifrattura e sistemici dei bifosfonati.

 
Visualizza il documento Bisphosphonate therapy in CKD: the current state of affairs Collegamnto esterno KDIGO 2017 Clinical Practice Guideline CKD-MBD.PDF
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