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Quanta vitamina D serve?

Un nuovo pro-ormone della Vitamina D3 apre nuovi scenari nella terapia dell’iperaparatiroidismo. I target devono essere aggiornati?

Image by Sasin Tipchai from Pixabay
Image by Sasin Tipchai from Pixabay
L’iperparatiroidismo secondario (SHPT) è una complicanza comune della malattia renale cronica (MRC).

Il progressivo decadimento della filtrazione glomerulare determina, infatti, uno squilibrio metabolico nella gestione del Calcio, del Fosforo e della Vitamina D che, a sua volta, provoca un incremento della sintesi del paratormone (PTH) da parte delle ghiandole paratiroidee.

La secrezione persistentemente elevata del PTH, inizialmente asintomatica, determina l’aumento della calcemia a discapito della densità minerale ossea (aumentato rischio di fratture) e con una conseguente deposizione di calcio a livello cardio-vascolare (aumentato rischio di eventi circolatori); pertanto è fondamentale nei pazienti con MRC di stadio da 3 a 4 identificare e monitorare attentamente questi valori cercando di:
  • ridurre i livelli sierici elevati di fosforemia
  • mantenere i livelli di calcemia
Anche supplementare la vitamina D nativa in pazienti in stadio 3a-5D è fortemente raccomandato, ma a tutt’oggi i livelli sierici ottimali di 25-idrossivitamina D rimangono indefiniti.

Le Linee Guida (comprese quelle Italiane) per la pratica clinica mirano alla sufficienza, mentre i dati recenti indicano che sono necessari livelli più elevati per controllare l’iperparatiroidismo secondario con l'avanzare della MRC, come proposto già alcuni mesi fa a San Diego in occasione della Kidney Week 2018 la dott.sa Rosilene M. Elias dell’Universidade de São Paulo (Brasile), la quale aveva invitato i ricercatori del campo a cimentarsi in studi prospettici in grado di "mostrare se interventi come la limitazione del fosfato e una più vigorosa supplementazione di colecalciferolo possano essere in grado di cambiare la storia naturale dell’iperaparatiroidismo secondario".

E la risposta non poteva tardare.

Stephen A. Strugnell, PhD dell'OPKO Health di Miami, l’azienda produttrice di Rayaldee® (calcifediolo a lento rilascio), ha pubblicato recentemente un'analisi secondaria di due studi randomizzati/controllati sull’uso di calcifediolo a rilascio prolungato (da 30 a 60 μg) in cui erano stati arruolati 429 malati di reni allo stadio 3 o 4 con iperparatiroidismo (PTH da 85 a500 pg/ml) e ipovitaminosi D (25-VitaminaD da 10 a 30 ng/dl).
 
Secondo i risultati dell'American Journal of Nephrology somministrando Rayaldee, il primo ed unico proormone a lento rilascio della forma attiva della Vitamina D3, si è assistito ad:
  1. aumento dei livelli sierici di 25-idrossi VitD (in particolare da 13,9 a 92,5 ng/mL; quintile da 1 a 5)
  2. aumento dei livelli sierici di 1-25-diidrossi VitD
  3. diminuzione dei livelli plasmatici di PTH intatto
  4. miglioramento di tutti i marcatori del turnover osseo
  5. nessuna variazione dei livelli circolanti di calcio e fosforo rispetto al placebo. 
"La terapia Calcifediolo ha prodotto gli effetti positivi nei marcatori di iPTH e di turnover osseo plasmatici solo quando i valori di 25-idrossivitamina D medi hanno oltrepassato i 50ng/mL - ha dichiarato il ricercatore USA - indicando che gli attuali target per la terapia di suppplementazione della vitamina D nella malattia renale sono troppo bassi"

Nonostante un avvertimento dell'Istituto di Medicina di non aumentare i livelli sierici di 25-idrossivitamina D oltre i 50 ng/mL, non si sono verificati cambiamenti avversi significativi nel quintile più alto di 25-idrossivitamina D (92,5 ng / mL); inoltre in questo gruppo “ipersupplemetato” i valori medi del calcio, del fosforo, dell’FGF23, della velocità di filtrazione glomerulare stimata e del rapporto urine calcio/creatinina non differivano da quelli del gruppo “iposupplementato”..
 
"Insieme questi risultati suggeriscono che la molecola a lento rilascio prodotta da OPKO potrebbe rappresentare una nuova terapia efficace per il trattamento dell’iperparatiroidismo - commentano Anders Berg, MD, PhD e Ravi Thadhani, MD, MPH, del Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles in un editoriale di accompagnamento - e implica la necessità di rivalutare le soglie attualmente raccomandate che definiscono la sufficienza di vitamina D nei pazienti con MRC".
 
In attesa di ulteriori studi è doveroso precisare che la normalizzazione dei valori dell’ormone paratiroideo non è necessariamente un obiettivo da perseguire, e che dosi più elevate di supplementazione di vitamina D possono comportare rischi, come l'ipercalcemia; inoltre i pazienti in questi studi sono stati accuratamente selezionati, quindi i risultati non possono essere generalizzati a tutti i pazienti con CKD.

 
Visualizza il documento Aiming Too Low: Reevaluation of Target ...pdf Collegamnto esterno Raising Current Clinical Practice Guideline Target for Vitamin D in CKD
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