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Diabete: ecco i nuovi farmaci studiati per proteggere cuore e reni.

Oltre a controllare efficacemente i livelli glicemici permettono di gestire le complicanze a medio e lungo termine.

Image by Steve Buissinne from Pixabay
Image by Steve Buissinne from Pixabay
La nefropatia diabetica è una delle più gravi conseguenze di un non ottimale controllo metabolico e può riguardare sia il diabete di tipo 1 sia quello di tipo 2.

La nefropatia diabetica rappresenta una malattia in costante aumento, dato l'altissimo tasso di crescita della malattia diabetica favorito dall'aumento della sedentarietà e dell'apporto calorico, collocandosi al secondo posto come causa di insufficienza renale cronica grave, si stima che i problemi renali riguardino più di un milione di persone con diabete e che due diabetici su dieci siano costretti a ricorrere alla dialisi.

 “I diabetici hanno un rischio di andare incontro a insufficienza renale doppio rispetto a chi non soffre di questa patologia”, commenta Carmine Zoccali, Presidente dell’European Renal Association, European Dialysis and Transplantation Association (ERA EDTA). “In più, la presenza di insufficienza renale nei soggetti con diabete quadruplica il loro rischio di morte rispetto alla popolazione non diabetica e senza insufficienza renale, e quasi lo triplica rispetto alla popolazione diabetica senza insufficienza renale. Nuove classi farmacologiche, come ad esempio le Glifozine, si sono dimostrate in grado di abbattere del 40% il rischio di progressione della nefropatia diabetica verso il grado più avanzato di insufficienza renale, cioè il grado 5, quello che impone la dialisi e/o il trapianto. Inoltre, questi stessi farmaci riducono di circa il 30% il rischio di morte nei diabetici”.
Negli ultimi anni si è assistito a una vera e propria esplosione di nuove classi di farmaci antidiabetici, che hanno meccanismi d’azione molto diversi tra loro e a volte potenzialmente sinergici”, dichiara Domenico Mannino, Presidente AMD. “Oggi, grazie a nuovi farmaci per la cura del diabete, abbiamo la possibilità di abbassare la glicemia e contemporaneamente ridurre in modo significativo le gravi complicanze cardiovascolari e renali in questi pazienti”.

Questi risultati sono così importanti da rivoluzionare la terapia del diabete tipo 2: bisogna passare dalla scelta di farmaci tradizionali che abbassano la glicemia senza nessun vantaggio sulla riduzione della mortalità (treat to target) alla scelta di questi nuovi farmaci che riducono in modo significativo la mortalità (treat to benefit): ed in questa direzione vanno anche le nuove linee guida 2018 dell’Associazione Americana per il Diabete”.

In questo scenario il farmaco che si appresta ad ampliare ulteriormente il ventaglio di opportunità per gestire la nefropatia diabetica si chiama Baricitinib, una piccola molecola ad uso orale, che agisce inibendo gli enzimi ad attività tirosin-chinasica.

Baricitinib agisce selettivamente sugli enzimi JAK1 e JAK2 modulando l’effetto delle citochine JAK-dipendenti. Le citochine JAK-dipendenti sono implicate nella patogenesi di diverse patologie infiammatorie e autoimmuni e ciò sembra suggerire che gli inibitori dei JAK possano essere utili nel trattamento di un’ampia gamma di condizioni infiammatorie. In caso di alterata regolazione dell’attività di specifici enzimi JAK si può infatti sviluppare un processo infiammatorio e un’attivazione anomala del sistema immunitario.

Basandosi sull'evidenza che l'attivazione di JAK-STAT è fondamentale per la patogenesi della nefropatia diabetica, è stato condotto uno studio (recentemente pubblicato su Nephrology Dialysis Transplantation) per testare l'efficacia di Baricitinib nei soggetti ad alto rischio di progressione della nefropatia diabetica definita da macroalbuminuria persistente nonostante la terapia con farmaci antiproteinurici nefroprotettori.
In questo studio di fase 2, condotto in “doppio cieco” e “dose-risposta”, i soggetti arruolati nella sperimentazione sono stati randomizzati  (1:1:1:1:1) a ricevere placebo o farmaco a diversi dosaggi (rispettivamente 0,75 mg al giorno, 0,75 mg due volte al giorno, 1,5 mg al giorno o 4 mg al giorno) per 24 settimane seguite da 4-8 settimane di washout. L'emoglobina glicata media era 7,3 ± 1%, il eGFR era 45,0 ± 12,1 ml / min / 1,73 m2 con rapporto urina-creatinina (uACR) nelle urine matturine pari a 820 (407-1632) mg/g. I risultati hanno mostrato che la terapia con baricitinib, 4 mg al giorno ha ridotto sia la uACR mattutina del 41% rispetto al placebo che tutti biomarcatori infiammatori testati. L'unico tasso di eventi avversi che differiva tra i gruppi era l'anemia al 32,0% (8/25) per baricitinib 4 mg al giorno contro il 3,7% (1/27) per il placebo.

In conclusione, pur essendo necessari altri studi di conferma, il trattamento ha ridotto significativamente l'albuminuria, il biomarker clinico più ampiamente accettato per la nefropatia diabetica, nei partecipanti allo studio ad alto rischio di progressione della malattia; pertanto, il Baricitinib si candida a essere l’ultima carta da giocare nella lotta alla progressione della nefropatia diabetica.
 
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