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Le Cisti Renali

Classificazione e gestione clinica

Le cisti renali sono di comune riscontro nella popolazione generale.
L’esame ecografico è l’indagine di prima scelta nella loro caratterizzazione e sono visibili anche a "occhio nudo" all’ispezione diretta del rene.
Sono costituite da uno strato di epitelio tubulare che delimita una cavità piena di liquido simile all’urina o di materiale semisolido.
Sono molto rare nei lattanti e nei bambini ma la loro prevalenza aumenta con l’avanzare dell’età.

Le cisti renali possono svilupparsi nelle strutture epiteliali da qualsiasi segmento tubulare  compreso tra la capsula di Bowman e l’apice della papilla renale: la tendenza di determinati settori nel tubulo a sviluppare queste lesioni più facilmente di altri dipende dalla natura della patologia responsabile della formazione delle cisti.

Le forme cliniche associate a questi disturbi sono relativamente numerose e sono di seguito elencate:
  • Rene Policistico ereditario: forma autosomica dominante e forma autosomica recessiva
  • Malattia cistica renale acquisita (in corso di iperazotemia e dialisi)
  • Cisti renali semplici
  • Malattie cistiche della midollare renale: nefronoftisi giovanile (autosomica recessiva), malattia cistica midollare dell’adulto (autosomica dominante), Rene a spugna (benigna)
  • Displasia renale cistica
  • Altre malattie cistiche renali ereditarie: Sclerosi tuberosa, Malattia di von Hippel-Lindau
  • Altre malattie cistiche renali non ereditarie: Cisti multiloculari isolate, Cisti pielocalicealiLinfangiomatosi renale, Pseudocisti ilari e perirenali.
Le cisti rappresentano l’aspetto più evidente di tali patologie ma non sono l'unico elemento patogenetico di cui tener conto!

Da studi sull’anatomia patologica e sulla patogenesi delle malattie cistiche sono emersi i seguenti dati:
  1. tutte le cisti, acquisite o congenite, si sviluppano da segmenti di tubuli renali preesistenti;
  2. dopo aver raggiunto un diametro di alcuni millimetri, la maggior parte delle cisti si distacca dal segmento di origine;
  3. l’epitelio che le delimita è caratterizzato da una marcata proliferazione, con anomalie di differenziazione cellulare;
  4. l’epitelio tubulare, normalmente dotato di capacità di riassorbimento, si trasforma in una struttura capace di attività secretiva, con trasporto di soluti attivo;
  5. la matrice extracellulare deve andare incontro ad un riappropriato rimodellamento per accogliere le cisti in espansione;
  6. i fenomeni di proliferazione, secrezione e rimodellamento della matrice sono indubbiamente modulati da fattori endocrini, paracrini, iuxtacrini, ed autocrini, che svolgono un ruolo essenziale nella velocità di crescita delle cisti e nella rapidità di esordio dell’insufficienza renale nelle forme più gravi.
I processi essenziali per lo sviluppo e la crescita progressiva delle cisti renali sono:
  1. Proliferazione di cellule epiteliali: le cisti renali sono neoplasie benigne che originano da singole cellule o da segmenti limitati dal tubulo renale. Si può quindi affermare che qualsiasi processo in grado di stimolare una proliferazione ordinata delle cellule renali, mantenendone l’orientamento polare, è in grado di indurre la formazione di cisti.
  2. Anomalie della matrice extracellulare: anomalie della matrice del metabolismo e dell’organizzazione extracellulare tubulo-interstiziale si osservano all’interno e intorno alle cisti renali in tutte le malattie cistiche. Queste possono esser acquisite o geneticamente determinate.
  3. Accumulo di liquido all’interno della struttura cistica in via di espansione: la quantità di liquido relativamente abbondante all’interno delle cisti è la principale differenza con le neoplasie solide. Le cisti che si sviluppano in un rene per il resto funzionante sono inizialmente connesse ai segmenti tubulari che ricevono un derivato del filtrato glomerulare (urina). Con la crescita della cisti, però, questa connessione viene persa  in gran parte dei casi e la struttura cistica si trasforma in un sacco isolato, in cui la secrezione transepiteliale di fluidi ed elettroliti sembra essere l’unico meccanismo che determina l’accumulo di liquido al suo interno.
 
MALATTIE POLICISTICHE RENALI EREDITARIE
Le principali forme di patologia renale cistica a trasmissione monogenica sono rappresentate dal rene policistico ereditario, nelle varianti autosomica dominante (Autosomal Dominant Polycistic Kidney Disease, ADPKD) e autosomica recessiva  (Autosomal Recessive Polycistic Kidney Disease, ARPKD). Rispetto all’ADPKD, l’ARPKD tende a coinvolgere più segmenti  tubulari negli stadi iniziali di malattia ed è più probabile che causi insufficienza renale nell’infanzia.
L’ADPKD è il risultato di mutazioni genetiche nel cromosoma 16 (Policistina-1, PKD1), nel cromosoma 4 (Policistina-2, PKD2) e in almeno un altro sito (PKD3).
Il gene responsabile dell’ARPKD è localizzato sul cromosoma 6.

Rene policistico ereditario in forma autosomica dominante
L’ADPKD colpisce circa 1 individuo su 500-1000, può essere osservato in tutti i continenti ed in tutti i gruppi etnici e razziali. E’ la più comune malattia policistica renale ed è trasmesso come tratto autosomico dominante a penetranza completa (50% di probabilità di trasmissione). Circa il 40% dei pazienti affetti non è in grado di riferire una storia familiare nota il che fa sospettare che vi sia un alto tasso di mutazione spontanea o, in alternativa, che altri fattori condizionino l’espressione fenotipica dell’ADPKD.
Il rene policistico di tipo 1 (Policistina-1/PKD1) rappresenta circa l’85% dei casi, quello di tipo 2 (policistina-2/PKD2; generalmente ad evoluzione più lenta) interessa circa il 15% dei pazienti, mentre quello di tipo 3 costituisce solo una quota minima di casi.
L’ADPKD può rimanere clinicamente silente fino alla terza o quarta decade di vita. Raramente alcuni pazienti sviluppano sintomi prima di questa fase ed in molti casi, piuttosto, la scoperta delle cisti è casuale ad un’età più avanzata.  Sappiamo che il 100% dei portatori svilupperà sintomi entro gli 80 anni di età, anche se solo la metà di questi svilupperà insufficienza renale. Nei giovani non vi è modo di stabilire se e quando insorgerà l’insufficienza renale.
Macroscopicamente il rene appare diffusamente interessato dalle cisti e, sebbene ingrandito, mantiene la sua conformazione classica. Nella malattia conclamata entrambi i reni appaiono colpiti, anche se uno può risultare significativamente più grande dell’altro.
Quasi la metà degli adulti con ADPKD presenta da poche a numerose cisti epatiche, la cui prevalenza aumenta con l’età, fino a raggiungere il 75% o addirittura il 90% in pazienti anziani in dialisi. Il riscontro di cisti epiteliali in organi diversi dal fegato è più raro. Circa il 10% dei pazienti presenta cisti pancreatiche, meno del 5% manifesta lesioni spleniche ed un altro 5% ha cisti aracnoidee. Sono state descritte anche cisti della tiroide, dell’ovaio, dell’endometrio, delle vescicole seminali e dell’epididimo, ma sono rare.
Nell’ADPKD in fase avanzata, la diagnosi non è clinicamente difficile (palpazione e anamnesi) e può essere confermata dalle indagini radiologiche: ecografia, urografia, raramente TC ed RMN. Per una corretta diagnosi in un soggetto di età inferiore ai 30 anni occorre evidenziare la presenza di almeno due cisti perlomeno in un rene; nei soggetti di età compresa tra i 30 ed i 59 anni, bisogna rilevare almeno due cisti in entrambi i reni, mentre negli anziani le cisti devono essere quattro in entrambi i reni.
Molti pazienti riferiscono dolore, che può associarsi a ematuria, l’ipertensione è comune e possono manifestarsi segni e sintomi di infezione e litiasi renale. Nelle fasi precoci non si rilevano alterazioni urinarie né plasmatiche. La conta egli eritrociti e l’ematocrito possono essere superiori al normale, probabilmente per una maggiore sintesi di eritropoietina da parte delle cisti.
L’analisi di linkage genetico permette di evidenziare i portatori obbligati del gene ADPKD, ma non è una pratica diffusa a livello clinico e comunque a grande impatto psicologico, etico, legale e assicurativo sui pazienti stessi.
Una volta che il paziente abbia iniziato a manifestare una significativa riduzione della clearance della creatinina, la prognosi riguardo alla progressione della malattia può essere stimata con relativa precisione dal reciproco della concentrazione plasmatica della creatinina in funzione del tempo: a meno non si sviluppino complicanze intercorrenti di solito si verifica una perdita persistente di una quota annuale fissa della clearance della creatinina. Non c’è ancora un trattamento risolutivo per l’ADPKD.
I fattori che accelerano il declino funzionale comprendono una dieta iperproteica, l’acidosi metabolica, un basso apporto dietetico di potassio, la somministrazione di sostanze ossidanti, uno scarso introito idropinico quotidiano, la proteinuria e l’ipertensione arteriosa non trattate, l’abuso dei FANS per la terapia del dolore spesso presente, la frequenza e la gravità di complicanze emorragiche, infettive, litiasiche.
Inoltre nella gestione della malattia policistica deve essere incluso uno screening, e l’eventuale trattamento, per l'identificazione dei soggetti portatori di aneurismi arteriosi: gli aneurismi cerebrali si manifestano in meno del 5% dei pazienti affetti da ADPKD ma il rischio può salire fino al 20% in quei casi con specifica familiarità.

Rene policistico ereditario in forma autosomica recessiva
Questa patologia è piuttosto rara, verificandosi in 1 caso su 6000. 55000 nati vivi. Entrambi i genitori devono essere portatori del gene ed ogni figlio ha una probabilità su quattro di essere ammalato. C’è una grande variabilità di espressione dell’ARPKD ed i fratelli possono essere affetti da forme diverse per espressione, comunque rappresenta una patologia molto grave. In circa il 75% dei casi ARPKD conduce a morte entro ore o giorni dalla nascita. Nel restante 25% dei casi si presenta in forme progressivamente più lievi nella prima e nella seconda infanzia o all’inizio dell’età adulta e può avere una prognosi  ragionevolmente buona.
L’ARPKD interessa entrambi i reni ed il fegato con gravità inversamente proporzionale: le forme con maggiore interessamento del rene sono le più comuni, manifestandosi sin dalla nascita; le altre tendono a comparire tardivamente, nell’infanzia o più avanti.
La diagnosi in epoca neonatale è caratterizzata dal dato anamnestico di oligoidramnios e spesso da parto distocico causa dell’abnorme ingrandimento dei reni del feto. I neonati gravemente affetti possono presentare la tipica facies di Potter e distress respiratorio per ipoplasia e atelettasie polmonari. Pneumomediastino e pneumotorace sono complicazioni frequenti e può svilupparsi una polmonite. In genere la funzione renale è gravemente compromessa. Nei primi mesi di vita può comparire ipertensione che può essere complicata da ipertrofia cardiaca, fibroelastosi endocardica, scompenso cardiaco congestizio ed esordio dell’insufficienza renale. I bambini più grandi e gli adolescenti possono manifestare segni e sintomi riferibili alla fibrosi epatica ed all’ipertensione portale con ipersplenismo. Si possono osservare anche insufficienza renale ed un difetto di concentrare le urine, con effetti secondari tra cui anemia, ritardo di crescita ed osteodistrofia renale.
L’ecografia è il più importante strumento diagnostico sia per lo screening iniziale che per la diagnosi prenatale.

MALATTIE CISTICA RENALE ACQUISITA
Nel  1977 venne segnalato  per la prima volta che alcuni pazienti in dialisi sviluppavano cisti multiple nei reni residui. Oggi il fenomeno è comunemente indicato come malattia cistica renale acquisita (ACKD) e sappiamo che può manifestarsi sia in pazienti in emodialisi che in pazienti in dialisi peritoneale. Si manifesta anche nei bambini uremici in assenza di dialisi. Inoltre può colpire sia i reni nativi che quelli trapiantati sede di rigetto cronico, ed è stato descritto in tutte le forme di insufficienza renale cronica.
L’incidenza di queste cisti è correlata non tanto all’età del paziente , quanto alla durata della dialisi o dell’insufficienza renale cronica. E’ noto che in alcuni casi le cisti regrediscono dopo il trapianto di rene, ma si è ipotizzato che la ciclosporina predisponga i reni nativi alla formazioni delle cisti.
Un altro aspetto particolarmente importante dell’ACKD è stato lo sviluppo di tumori renali. Infatti circa il 10-20% dei reni di pazienti con malattia cistica acquisita  conteneva “adenomi” ed il 3-6% “adenocarcinomi”. Nei dializzati il carcinoma è tre volte più frequente in presenza di cisti renali acquisite che in assenza delle stesse e ha un’incidenza 6 volte maggiore nei reni cistici ingranditi che in quelli piccoli. Complessivamente, l’incidenza di neoplasie renali maligne nei pazienti dializzati sarebbe 3-6 volte quella della popolazione generale correttà per l’età.
Le cisti variano di numero, tipo e dimensioni , andando da poche lesioni subcapsulari di 2-3cm di diametro a numerose cisti più piccole distribuite diffusamente:  il 60% delle cisti ha un diametro inferiore a 0,2cm; possono essere mono o multiloculari.
I reni sono abbastanza variabili, ma in genere sono colpiti allo stesso modo. Possono essere di dimensioni ridotte, normali o aumentate, anche quando sono interressati in toto dalle cisti.
L’interessamento bilaterale con un minimo di 5 cisti rilevabili per rene rappresenta un requisito ragionevolmente per la diagnosi radiologica. Per la diagnosi anatomo-patologica è stata, invece, proposta come requisito minimo la sostituzione del 25-40% della massa renale da parte delle cisti.
L’ACKD si sviluppa in maniera insidiosa e la maggior parte dei pazienti  è asintomatica. Quando compaiono i sintomi più frequenti sono ematuria macroscopica , dolore al fianco, colica renale, febbre, massa palpabile ed aumento dell’ematocrito. Anche i sintomi legati ad una neoplasia renale sono poco comuni. In caso di rottura delle cisti si può manifestare una massiva emorragia retroperitonealeo perirenale, che determina dolore acuto, ipotensione e shock. Nelle forme avanzate l’ecografia evidenzia le lesioni cistiche bilaterali ed è utile nella diagnosi delle neoplasie, specie nei pazienti con insufficienza renale cronica in terapia conservativa. Comunque, la TC con o senza mezzo di contrasto è la tecnica diagnostica di prima scelta perché riesce a differenziare meglio le cisti semplici dall’ACKD. Anche la RM, con o senza gadolino, può essere utile.
Spesso gli episodi emorragici, sia intra che perirenali, possono essere trattati in maniera conservativa con il riposo a letto e analgesici. I sanguinamenti persistenti possono invece richiedere la nefrectomia o l’embolizzazione e l’infarto a scopo terapeutico del segmento interessato. Quando alcune cisti più voluminose determinano dolore al fianco a grave ingombro l’aspirazione percutanea (con esame citologico) può rappresentare una misura  di temporeggiamento ragionevole.
Poiché il carcinoma renale è una seria complicazione dell’ACKD, è stato raccomandato lo screening mediante ecografia  dopo 3 anni di trattamento dialitico, con ulteriori indagini ad intervalli di 1-2 anni.

CISTI RENALI SEMPLICI
Le cisti renali semplici rappresentano l’anomalia cistica più comunemente osservata nei reni umani. Ad eziopatogenesi incerta, possono essere  solitarie o multiple  e sono piene di un liquido chimicamente simile ad un ultrafiltrato plasmatico. Sono molto rare nei bambini e la loro frequenza aumenta in modo lineare con l’età. Le cisti semplici non sembrano associarsi ad una riduzione della funzione renale e, per definizione, non sono ereditarie.
Le cisti semplici possono essere mono-o bilaterali e, in genere, sono sferiche e uniloculari. Possono essere solo 1 o 2 per rene, ma in rari casi possono essere talmente numerose da essere confuse con la malattia policistica. Spesso sono localizzate a livello corticale e distorcono il profilo renale, ma possono essere più profonde o avere un’origine apparentemente midollare, e non comunicano con la pelvi renale. Le cisti di diametro compreso tra 0,5ed 1 cm sono le più comuni, ma non sono rare lesioni di 3-4cm. Il fluido cistico ha di solito un aspetto simile all’urina, ma può essere striato di sangue o, più raramente, avere la consistenza dello stucco. Le pareti sono tipicamente sottili e trasparenti, ma possono divenire ispessite, fibrotiche, opache e perfino calcifiche, presumibilmente in conseguenza di una pregressa infezione.
La maggior parte delle cisti semplici viene identificata in corso di esami urografici di routine, ma con il crescente impiego dell’ecografia e della TC addominale, il loro riscontro sta diventando sempre più frequente. Nella stragrande maggioranza dei casi sono asintomatiche ed il problema  principale è differenziarle da una massa tumorale.
Fondamentale nella gestione delle cisti renale è la programmazione del follow-up ecografico. Questo dipende da tre importanti fattori: le dimensioni iniziali, il sospetto di malignità e l’effetto dell’ingombro sul sistema caliceale.
A questo scopo potrebbe essere utile la Classificazione di Bosniak (vedi tabella sotto). Questa utilizzando indagini diagnostiche ad elevata complessità (cosiddette di “secondo livello”) indica dei criteri obiettivi di classificazione e, quindi, di trattamento.

ALTRE MALATTIE CISTICHE RENALI

Malattie Cistiche della Midollare del Rene
Vi sono due distinte patologie che colpiscono primitivamente la midollare renale. Entrambe si associano ad un grado variabile di dilatazione dei tubuli distali e dei dotti collettori, nonché di fibrosi interstiziale ed infiammazione. Una, la Malattia Cistica Midollare (Medullary Cystic Disease, MCD) può progredire fino alla uremia terminale, mentre l’altra, il Rene a Spugna, è una condizione relativamente benigna.
La MCD è stata descritta con due termini:
  • Nefronoftisi giovanile: trasmissione autosomica recessiva (cromosoma 2p) che in genere si manifesta nell’infanzia.
  • Malattia Cistica Midollare dell’adulto: trasmissione autosomica dominante (cromosoma 1q21) che si manifesta solo negli adulti.
A parte la modalità di trasmissione e l’epoca di esordio queste due forme sono clinicamente identiche. In questa entità nosocomiale potrebbe, inoltre, trovare spazio la Displasia Reno-Retinica.
Il Rene a Spugna non viene di solito diagnosticato prima della quarta-quinta decade di vita, quando emergono le complicanze infettive e da depositi di calcio. La progressione verso l’insufficienza renale è rara. L’incidenza della malattia è di circa 1/5000 nella popolazione generale e di 1/1000 nei pazienti urologici. Anche se molti casi si presentano in maniera sporadica è descritta una tendenza alla familiarità. Curiosamente si associa spesso ad un’emi-ipertrofia corporea.
 
Displasia Renale Cistica
Il termine “displasia renale” significa che la gemma ureterale ed il blastema metanefrico, che costituiscono l’abbozzo primitivo del rene, si sono entrambi formati embriologicamente , ma che in seguito non sono riusciti ad interagire e a svilupparsi in modo normale. Abbraccia quindi una varietà di difetti.
La maggior parte dei reni displasici si associa ad un orifizio ureterale anomalo o a malformazioni delle vie urinarie; molti ma non tutti si associano a lesioni cistiche. Presentano, inoltre, un’ampia variabilità di compromissione da quasi normale a nulla, mono o bilateralmente. Conviene dunque considerare due categorie clinico-patologiche principali: “Totale” e “Subtotale”.
La displasia renale è quasi sempre sporadica, ma in una piccola minoranza di casi tende ad essere familiare (“Ereditaria”).

Sclerosi Tuberosa
La Sclerosi Tuberosa ha un’incidenza di circa 1 caso su 10000 e viene trasmessa con un meccanismo autosomico dominante (due genotipi coinvolti: 9q32p34 e 16p13). In questa complessa patologia si possono sviluppare amartomi a livello di cute, encefalo, retina, osso, fegato, cuore, polmoni e reni. Gli angiomiolipomi renali si osservano incirca il 50% dei casi e devono essere differenziati dalle cisti: questa associazione è virtualmente patognomonica di sclerosi tuberosa. Le cisti tubulari, che possono essere molto grandi, sono delimitate da un epitelio specifico, forse unico, caratterizzato da marcata ipertrofia e iperplasia di cellule dal citoplasma nettamente eosinofilo, che ricordano quelle dei tubuli prossimali sani. Compromissione funzionale, ipertensione e degenerazione maligna sono molto comuni.

Sindrome di von Hippel-Lindau
Questa sindrome è caratterizzata da emangioblastomi cerebrali e retinici, da cisti e carcinomi pancreatici, e da cisti e tumori renali. In circa il 65% dei casi si riscontrano molteplici cisti renali a distribuzione irregolare, che possono raggiungere un diametro di diversi centimetri e a volte simulano un quadro di Rene Policistico.
Questa patologia viene trasmessa con un meccanismo autosomico dominante ed, in genere, si manifesta nella terza-quarta decade di vita con disturbi visivi e/o a carico del sistema nervoso centrale. Il difetto genico è stato localizzato sul braccio corto del cromosoma 3. Poiché il rischio di degenerazione maligna della parete della cisti o di un tumore solido è elevato, per la diagnosi precoce è essenziale lo screening della famiglia: La RM e la TC sono utili e, nei pazienti a rischio, si raccomandano controlli a cadenza semestrale o annuale a partire dai vent’anni.

Cisti multiloculari solitarie
Note come nefroma cistico benigno o cistoadenoma papillare, sono rare lesioni neoplastiche che originano dal blastema metanefrico. Hanno una distribuzione bimodale per età e sesso molto distintiva.

Cisti pielocaliceali
Definite anche diverticoli pielocaliceali, o cisti o diverticoli caliceali o pielorenali, queste lesioni rappresentano diverticoli sacculari congeniti, probabilmente evolutivi, di un calice minore (tipo I) oppure dellapelvi o dell’adiacente calice maggiore (tipo II). Si manifestano sporadicamente, sono sempre monolaterali, ed interessano tutti i gruppi di età.
 
Linfangiomatosi renale
Nota anche come linfangectasia ilare, linfangectasia peri- o para-caliceale, linfangectasia peri- o para-pelvica, o malattia policistica del seno renale, la linfangiomatosi renale consiste in una dilatazione cistica dei vasi linfatici del rene. Il liquido cistico contiene albumina, lipidi e colesterolo, per cui è diverso dall’urina.
 
Psudocisti ilari e perirenali
Le Cisti Ilari sono accumuli sferici di liquido chiaro contenente gocciole di grasso, privi di rivestimento epiteliale, all’interno del tessuto adiposo compresso del seno renale; evidentemente sono la conseguenza dell’atrofia dell’adipe nei pazienti debilitati.
Le psudocisti perirenalli sono spazi non rivestiti di epitelio, pieni di urina stravasata nella fascia perirenale dopo la rottura traumatica o spontanea di una cisti sottostante.
Visualizza il documento Cisti renali, semplici e complesse: la classificazione di Bosniak
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